Onboarding non ti temo: tutto ciò che devi sapere sulle fasi, l’importanza e gli strumenti di gestione del processo d’inserimento in azienda
L’arrivo in una nuova azienda è sempre stato un momento delicato. Ricordo ancora le mie esperienze quando proprio in quelle prime settimane mi guardavo intorno cercando i segnali che confermavano “che avevo fatto la scelta giusta”.
E si, nelle prime settimane dall’arrivo si celebra un rito di iniziazione dal quale dipenderà la direzione che assumerà la relazione tra azienda ed il dipendente. In quella fase l’attenzione del nuovo arrivato nel leggere i messaggi e i segnali organizzativi è massima. Momenti o touch point che suscitano emozioni e ricordi
Il processo di onboarding in azienda è sicuramente un momento cruciale per i nuovi dipendenti, poiché rappresenta l’occasione per conoscere l’azienda, il proprio ruolo, gli obiettivi e le reciproche aspettative. Un’adeguata procedura di onboarding può garantire una transizione efficace e produttiva per il nuovo dipendente, facilitando la sua integrazione nell’ambiente lavorativo, la sua collaborazione con i colleghi e… scongiurare una sua fuga dell’ultimo minuto!
Il processo di onboarding può essere strutturato in tre momenti principali: pre-onboarding, onboarding e post-onboarding.
La fase di pre-onboarding include le attività svolte prima del primo giorno di lavoro del nuovo dipendente. In questa fase, l’azienda dovrebbe fornire informazioni riguardanti la posizione lavorativa e l’ambiente lavorativo, comunicando quali documenti sono necessari per l’ingresso in azienda, fornendo indicazioni riguardanti la sistemazione e il trasporto, e mettendo a disposizione materiale informativo riguardante l’azienda, la sua cultura e i suoi valori.
A livello umano queste azioni fanno sentire ben accetto il nuovo collaboratore, introducendolo (da remoto) nel posto di lavoro.
È un gioco di reciproche aspettative, di promesse e di emozioni che non può essere lasciato al caso. È il primo biglietto da visita di una organizzazione e programmarlo e monitoralo è essenziale.
La fase di onboarding vera e propria inizia il primo giorno di lavoro del nuovo dipendente. In questa fase, il responsabile dell’onboarding dovrebbe accogliere il nuovo dipendente e presentare l’azienda e i suoi valori, spiegare la posizione lavorativa e il ruolo del dipendente all’interno dell’organizzazione, illustrare le politiche dell’azienda riguardanti la sicurezza sul lavoro e la privacy, e fornire informazioni riguardanti i benefici e le opportunità di sviluppo professionale.
È in questa fase che il nuovo dipendente incontra i suoi colleghi ed è in questo momento che si creano le relazioni positive che gettano le basi per un clima lavorativo favorevole alla collaborazione.
Un errore in questa fase mina l’intero percorso di inserimento e la possibilità che la persona cominci a contribuire da subito positivamente alla vita aziendale.
Infine, la fase di post-onboarding prevede il follow-up del processo di onboarding, in modo da valutare il successo dell’integrazione del nuovo dipendente e identificare eventuali lacune o problemi. Il responsabile dell’onboarding programma incontri di follow-up con il nuovo dipendente per valutare il suo grado di soddisfazione e per identificare eventuali problemi che potrebbero impedire una piena integrazione.
È il momento dell’ascolto e della consapevolezza. Naturalmente si può monitore solo cosa si è programmato in dettaglio. Molte aziende non prevedono questo momento, proprio perché i primi due sopra citati non sono stati costruiti con attenzione e le responsabilità non sono state attribuite con chiarezza.
Perché il processo di onboarding è un momento delicato per l’azienda?
Chi di noi non ha vissuto un percorso di onboarding inesistente o addirittura negativo? Potrei dire “scagli la prima pietra”.
Se per caso non sta tornando alla vostra mente la vostra peggiore esperienza, vi do un aiutino. Prendete la vostra esperienza di lavoro più breve e ricordate di questa “i primi giorni”. Con elevatissime probabilità è proprio in questa prima fase che qualcosa non ha funzionato e che (consciamente e inconsciamente) deciso di cambiare lavoro. La correlazione tra un onboarding carente e una bassa permanenza in una azienda è molto elevata.
L’onboarding è una fase di transizione (specialmente per il nuovo assunto) e, come per tutti i momenti di cambiamento, non esistono ancora gli equilibri e la routine stabile che si creeranno solo dopo tra una parte e l’altra. Ecco quindi che possono subentrare criticità e incomprensioni.
Il processo di onboarding resta comunque fondamentale per le aziende per diversi motivi:
- Favorisce una transizione fluida: un buon processo di onboarding consente ai nuovi dipendenti di integrarsi rapidamente nell’ambiente di lavoro, conoscere le norme aziendali, i processi, i colleghi e le attività da svolgere. In questo modo, il nuovo dipendente sarà in grado di iniziare a lavorare in modo produttivo e competente il più presto possibile, riducendo i tempi di apprendimento e migliorando l’efficienza aziendale.
- Aumenta l’engagement: un processo di onboarding ben strutturato può aumentare il senso di appartenenza dei nuovi dipendenti all’azienda, permettendo loro di comprendere la mission, la vision e i valori dell’organizzazione. In questo modo, i nuovi dipendenti possono sentirsi più coinvolti e motivati nel loro lavoro, e di conseguenza essere più produttivi e contribuire maggiormente al successo dell’azienda.
- Riduce il turnover: un processo di onboarding efficace può contribuire a ridurre il tasso di turnover dei dipendenti, in quanto i nuovi assunti si sentiranno maggiormente accolti e supportati nell’ambiente di lavoro. Inoltre, un buon processo di onboarding può ridurre il rischio di errori costosi, problemi di comunicazione e conflitti all’interno dell’azienda.
- Migliora l’immagine aziendale: un processo di onboarding professionale può contribuire a migliorare l’immagine dell’azienda agli occhi dei nuovi dipendenti, dei clienti e dei fornitori. Una buona reputazione aziendale può attirare nuovi talenti e contribuire alla crescita dell’azienda nel lungo termine.
Come valutare un efficace processo di onboarding?
Per valutare l’efficacia di un processo di onboarding, è possibile prendere in considerazione diverse metriche e indicatori di successo. Ecco i nostri suggerimenti:
- Tempo impiegato per la produttività: misurare il tempo che impiega un nuovo per diventare completamente produttivo. Un processo di onboarding efficace aiuta il nuovo arrivato a raggiungere la produttività in modo rapido ed efficiente.
- Tasso di churn: valutare quanti nuovi dipendenti lasciano l’azienda nei primi mesi di lavoro. Un tasso churn elevato è il primo segnale che il processo di onboarding non sta funzionando adeguatamente.
- Feedback dei dipendenti: chiedere ai nuovi assunti di valutare il processo di onboarding e fornire un feedback costruttivo sulla loro esperienza. Questo può aiutare a identificare le aree in cui il processo potrebbe essere migliorato. Come fare? Strumenti utili in questo senso sono sicuramente le piattaforme di feedback management che consentono di raccogliere feedback al fine di migliorare l’EX. Ad esempio, la nostra soluzione E-PATHOS è molto efficace nel cogliere il vissuto emozionale.
- Performance dei nuovi dipendenti: monitorare la performance dei nuovi dipendenti dopo il completamento del processo di onboarding. Se i nuovi assunti sono in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati in modo efficiente, è un segnale positivo che il processo di onboarding ha funzionato correttamente.
- Coinvolgimento del team: valutare quanto i colleghi del nuovo dipendente sono coinvolti nel processo di onboarding e se forniscono il supporto necessario per aiutarlo ad integrarsi all’interno dell’azienda. Un processo di onboarding efficace dovrebbe creare un senso di appartenenza e coinvolgimento tra i membri del team.
- Tasso di assenza: monitorare il tasso di assenza dei nuovi dipendenti nei primi mesi di lavoro. Se il tasso di assenza è elevato, potrebbe essere un segnale che il processo di onboarding non sta funzionando adeguatamente e che i nuovi dipendenti non si sentono coinvolti e motivati.
Come in tutti gli ambiti dell’employee experience, il primo passo è creare un journey dedicato all’onboarding, esaminando i processi e le tecnologie che lo supportano (ed in caso selezionarle di nuove e più performanti) e gestendo il feedback con la possibilità di un recovery immediato (il close the loop si applica anche all’EX).
Cosa suggerisco di fare?
- Prima di ogni cosa, stabilire un periodo congruo di onboarding che secondo me non deve essere inferiore a sei mesi.
- Avere un app che supporti tutta la road map del percorso,
- Poi definire più di un momento di ascolto, ad esempio, dopo il primo mese, dopo il terzo e dopo i primi sei mesi (strutturato attraverso una survey e attraverso colloqui di approfondimento con persone verso i quali non ci sia un diretto riporto).
- Sostenere il trasferimento di valori aziendali con iniziative ingaggianti che favoriscono la comprensione dei valori aziendali (esempio mini video informativi)
- Prevedere dei momenti di self-assesment che consentono al nuovo dipendente di verificare il suo percorso
- Rendere tutto il team responsabile del successo dell’onboarding
Insomma, onboarding non ti temo! Le azioni da mettere in atto e da tenere monitorate sono diverse ma, se seguite passo dopo passo, siamo sicuri che porteranno ai desideri sperati sia per l’azienda che per il collaboratore.
Inoltre, per avere le idee chiare non affidatevi al classico pensiero “mi sembra che il nuovo assunto sia felice…”. Per il suo e il vostro bene testarlo con un programma efficace e con un percorso di ascolto su misura!
Alla prossima puntata affronteremo altri due temi importanti:
- L’onboarding di un manager e di un C-Level
- Il rientro di una collaboratrice dopo il congedo di maternità.